Il Diabete (tipo 1 e tipo 2): conoscerlo meglio, per conviverci

Introduzione

Il diabete è una patologia di  tipo endocrino oggi di frequente riscontro sia negli anziani che nei giovani. Secondo i dati ISTAT in Italia è diabetico il 4,8% della popolazione italiana (5% delle donne e 4,6% degli uomini), pari a circa 2.900.000 persone. Attualmente questa patologia ha una tendenza all’aumento.

Classificazione

Il diabete “mellito”  si chiama così poiché il termine deriva dal latino ”mellitus” che significa “simile al miele”, questo perché i medici latini per diagnosticare un diabete assaggiavano le urine dei malati che risultavano dolci, in tal modo facevano diagnosi di diabete.

Il diabete mellito è classificabile in :

  • diabete di tipo 1 ( = Diabete Mellito insulino-dipendente, IDDM) che di solito esordisce in età giovanile e spesso si associa ad altre patologie autoimmunitarie. La causa di questa forma di diabete è un vero e proprio deficit di secrezione insulinica da parte delle Beta cellule pancreatiche. L’insulina è l’ormone che regola l’ingresso e l’utilizzazione del glucosio (zucchero) nell’organismo. Poiché questo processo è irreversibile, chi ne è affetto deve assumere insulina per riuscire a metabolizzare gli zuccheri quindi i pazienti con diabete di tipo 1 necessitano sempre e per tutta la vita di terapia insulinica sostitutiva, soprattutto perché le cellule pancreatiche non producendo più tale ormone, non permettono all’organismo di utilizzare i glicidi in circolo e  ciò comporta quella che viene definita chetosi (con la presenza di corpi chetonici nelle urine). I glicidi non riuscendo più ad entrare nelle cellule si accumulano nel sangue dando iperglicemia, e di conseguenza l’organismo metabolizza e brucia lipidi, per ottenere energia al posto dei glicidi, ma questo porta alla produzione di corpi chetonici come metaboliti di scarto, che sono dannosi per l’organismo; tale fenomeno è noto come chetoacidosi diabetica.

  • diabete di tipo 2 (= DM non insulino-dipendete, NIDDM) che è tipico dei soggetti di età medio-anziana. La causa di questa forma di diabete è legata ad una ridotta secrezione insulinica da parte delle Beta cellule pancreatiche associata anche a insulino-resistenza (cioè ridotta sensibilità delle cellule all’insulina circolante). Questo tipo di diabete può comunque comparire in qualunque età e a volte richiedere anche terapia insulinica. E’ di frequente riscontro soprattutto nei soggetti obesi. Il diabete in tal caso scaturisce dalla diminuita secrezione dell’ormone dell’insulina prodotta dal nostro pancreas, oppure dalla ridotta efficacia di quest’ultima sulle cellule dell’organismo, e l’iperglicemia che ne consegue (cioè un valore aumentato della glicemia e quindi della contrazione dei glicidi nel sangue) si associa a varie alterazioni e complicanze di tipo metabolico.

Fattori di rischio e cause

Il diabete mellito può insorgere innanzitutto per cause endogene come la familiarità, e ne sono soggetti soprattutto gli individui obesi o in forte sovrappeso, con abitudini alimentari scorrette; oppure per la presenza di alcune malattie pancreatiche (pancreatiti, asportazioni chirurgiche di buona parte del parenchima epatico) o di altri stati morbosi come l’emocromatosi, la fibrosi cistica, le patologie endocrine (S. di Cushing, acromegalia, feocromocitoma, tireotossicosi) ecc. Inoltre vi possono essere anche fattori esogeni scatenanti, come l’assunzione di alcuni farmaci quali gli steroidi e i tiazidici

La causa scatenante del diabete di tipo 1 ancora non si conosce, vi è la supposizione che ad una predisposizione genetica si associno poi dei fattori ambientali scatenanti, che comportano l’attivazione del sistema immunitario, il quale a sua volta produce autoanticorpi contro le nostre cellule beta pancreatiche*, vi è il sospetto che come fattori ambientali scatenanti vi possano essere dei virus quali i Coxsackie, o il Mycobacterium avium subspecie paratubercolosis. Il diabete di tipo 1 è considerato una malattia autoimmune, cioè una patologia in cui vi è una reazione del nostro organismo contro se stesso, che porta alla distruzione di parte del pancreas (per la precisione la porzione in cui sono presenti le Beta cellule, preposte alla produzione di insulina).

Per quanto riguarda il diabete di tipo 2 anche qui vi è una predisposizione genetica ma non un legame con l’attivazione del sistema immunitario, in questo caso il soggetto produce normalmente insulina ma questa non agisce come dovrebbe sulle cellule del nostro organismo, soprattutto su quelle muscolari, causando ugualmente iperglicemia. In questi soggetti più la glicemia aumenta, più il pancreas produce insulina che non funziona bene e si accumula in circolo, causando a lungo andare un danno metabolico importante su più apparati e diverse complicanze di salute (renali, oculari, vascolari, del sistema nervoso, ecc.).

Segni e sintomi

Il diabete di tipo 1 esordisce con una marcata e sintomatica ‘iperglicemia” di cui i segni più evidenti sono che il soggetto ha poliuria (cioè urina moltissimo) e polidipsia (cioè beve tantissimo, ed ha sempre sete), inoltre il malato presenta anche alito acetonemico (con un odore simile alla frutta marcia) e calo ponderale evidente nelle settimane precedenti la conclamazione della patologia. Spesso, dopo l’esordio acuto del tipo 1, si osserva una secrezione insulinica residua ancora consistente, con un effetto metabolico chiamato in gergo medico “luna di miele”, caratterizzato da una fase variabile di alcuni mesi, durante la quale la glicemia rimane pressoché normale anche in assenza di qualunque terapia insulinica, ma la malattia è ormai conclamata. L’iperglicemia a lungo andare può causare anche annebbiamenti della vista, astenia e nausea e favorire la comparsa di varie infezioni fungine e batteriche persistenti.

Il tipo 2 generalmente si presenta in soggetti asintomatici che durante un controllo medico di routine, riscontrano una glicemia aumentata oppure quando i pazienti presentano una o più manifestazioni cliniche tipiche delle complicanze tardive del diabete; ad esempio molto frequente nel tipo 2 con iperglicemia asintomatica è l’associazione a prurito dovuto a candidosi vaginale.

Diagnosi

Il criterio diagnostico per l’iperglicemia a digiuno raccomandato dal National Diabetes Data Group (NDDG), è di considerare diabetico colui che ha alterati valori glicemici con livello plasmatico (o sierico) di glucosio pari a >140 mg/dl (7,77 mmol/l) dopo un digiuno di una notte, tale valore deve essere riscontrato in due occasioni diverse, sia nell’adulto che nel bambino. Recentemente l’American Diabetes Association (ADA) ha raccomandato che venga considerato diagnostico di diabete un livello plasmatico di glucosio > 126 mg/dl (> 6,99 mmol/l) a digiuno.

Il diabete di tipo 1 al momento della diagnosi si associa oltre che a iperglicemia, ad emoglobina glicosilata aumentata, e visto che si caratterizza per un movimento di anticorpi contro le cellule pancreatiche, presenta anche anticorpi anti ICA (anticorpi anti Beta cellule pancreaticheed antiGAD(Anticorpi anti glucosaminidasi),  sono questi però esami del sangue particolari, che non vengono effettuati nella pratica clinica di tutti i laboratori d’analisi comuni; un altro tipo di anticorpi che possiamo ritrovare sono anche gli IA2 (anticorpi anti tirosin chinasi) e gli IAA, (anticorpi anti insulina).

Nel diabete di tipo 2 può essere di aiuto per la diagnosi un test di tolleranza al carico orale di glucosio (Oral Glucose Tolerance Test, OGTT), che deve essere effettuato sempre nei pazienti la cui glicemia a digiuno è compresa tra 115 e 140 mg/dl (tra 6,38 e 7,77 mmol/l) e in quelli con una condizione clinica che potrebbe essere correlata a un diabete  non ancora diagnosticato, ma che presentano segni di complicanze, come coloro che sono affetti da neuropatia o retinopatia. Può succedere tuttavia che varie condizioni diverse dal diabete, come gli effetti di alcuni farmaci oppure il normale processo di invecchiamento, possano provocare alterazioni dell’ OGTT, quindi per una diagnosi più precisa di diabete di tipo 2, devono essere eseguiti anche altri accertamenti.

Attualmente secondo l’American si  definisce diabetico un soggetto che:

–  dopo 2 controlli glicemici, a digiuno, presenta un valore  della glicemia compreso tra 126  e 139 mg/dl o che. In questo vi è anche un ulteriore classificazione per i soggetti con alterata glicemia a digiuno o IFG (Imparied Fasting Glucose) in cui il paziente ha valori glicemici compresi tra 110-125 a digiuno, ma non è né diabetico, né intollerante al glucosio.

–  dopo prova da carico orale con glucosio abbia a 2 ore un valore di glicemia > di 200 mg/dl; colui che presenta dopo carico orale di glucosio, a 2 ore, valori glicemici compresi tra 140 ma <199 mg% è definito intollerante al glucosio o IGT (Imparied Glucose Tolerance).

Il concetto del soggetto con alterata glicemia a digiuno è stato inserito poiché vi sono soggetti che hanno la glicemia a digiuno che rientra negli intervalli di range, quindi è nella norma, ma poi dopo esame OGTT risultano avere valori glicemici alterati, quindi in tutti i soggetti con IFG (alterata glicemia a digiuno) si esegue sempre un test OGTT di controllo.

Infine è normale colui che ha una glicemia a digiuno < 110 mg/dl.

Criteri ADA (American Diabetes Associationed OMS (Organizzazione Mondiale Sanità).

Oltre alla glicemia per valutare lo stato di salute del soggetto diabetico, è importante fare anche un esame delle urine per riscontrare un’eventuale glicosuria, cioè la presenza di glucosio nelle urine, e correggerla onde evitare problemi renali, fare il controllo dell’assetto lipidico con colesterolo totale trigliceridi e colesterolo HDL, e un esame dell’emoglobina glicosilata (Hb A1c), quest’ultima non è un test specifico per la diagnosi di diabete tuttavia, un’elevata Hb A1c indica spesso la presenza della patologia in questione.

Complicanze

Le complicanze del diabete sono tantissime, tuttavia se la patologia viene ben trattata la loro comparsa può essere a lungo ritardata. Per facilità se ne elencano le più comuni:

  • Patologia macrovascolare che comporta l’aterosclerosi e l’arteriopatia che può di conseguenza causare coronaropatia sintomatica, claudicatio, necrosi cutanee e infezioni. In questo l’iperglicemia gioca un ruolo molto importante, accelerando il processo di aterosclerosi.

  • La retinopatia di fondo che è una patologia che non altera la capacità visiva in maniera significativa, ma che può evolvere verso l’edema maculare o la retinopatia proliferativa con distacco o emorragia retinica, che possono poi provocare cecità. Circa l’85% di tutti i diabetici sviluppa alla fine, un certo grado di retinopatia.

  • La nefropatia diabetica che si sviluppa in circa un terzo dei pazienti con diabete di tipo 1 e in una percentuale minore in quelli con diabete di tipo 2. L’albuminuria è il segnale di una progressiva riduzione della filtrazione glomerulare, con un’elevata probabilità di sviluppo di un’insufficienza renale entro un periodo variabile fra i 3 e i 20 anni, sia l’iperglicemia sia l’ipertensione accelerano la progressione verso la nefropatia terminale. La nefropatia diabetica è solitamente asintomatica fino al momento in cui si sviluppa un’insufficienza renale terminale.

  • La neuropatia diabetica si presenta abitualmente come una polineuropatia (alterazione e malfunzionamento delle fibre nervose) prevalentemente sensitiva, simmetrica, distale, la quale provoca deficit di sensibilità che cominciano e sono di solito caratterizzati da una distribuzione a calza e a guanto. Essa può causare intorpidimento, formicolii e parestesie agli arti e, meno frequentemente, un dolore profondo, intenso e debilitante, o iperestesie. I riflessi sono di solito diminuiti o assenti. Devono essere escluse altre cause di polineuropatia . Le mononeuropatieacute dolorose, colpiscono per lo più il III, il IV o il VI nervo cranico e altri nervi come quello femorale, possono migliorare spontaneamente nel volgere di settimane o mesi, insorgono con maggiore frequenza nei diabetici più anziani e vengono attribuite a infarti dei nervi. Vi è anche laneuropatia autonomica che insorge principalmente nei diabetici con polineuropatia e può causare ipotensione posturale, disturbi della sudorazione, impotenza ed eiaculazione retrograda negli uomini, compromissione della funzione vescicale, ritardo dello svuotamento gastrico, disfunzioni esofagee, stipsi o diarrea e diarrea notturna.

  • Le ulcere dei piedi infine, sono molto frequenti e la causa predisponente più importante è la polineuropatia diabetica: la denervazione  sensoriale compromette infatti la percezione dei traumi minori provocati da cause banali come le scarpe che calzano male o i sassolini, si formano così delle piccole lesioni di cui i pazienti non si accorgono, che con il tempo si infettano e diventano ulcere profonde e a volte incoercibili.

  • Per ultimo ma non meno importante, vi è un aumentato rischio di infezioni da funghi e batteri a causa della depressione dell’immunità cellulare provocata dall’iperglicemia acuta e dai deficit circolatori indotti dall’iperglicemia cronica. Le infezioni cutanee periferiche e il mughetto orale e vaginale sono le forme più frequenti. Un’infezione micotica può essere il processo iniziale che porta alla formazione di lesioni interdigitali umide, rotture, fissurazioni e ulcerazioni che favoriscono l’invasione batterica secondaria. I pazienti con ulcere dei piedi infette spesso non sentono dolore a causa della neuropatia e non hanno sintomi sistemici fino alle fasi avanzate. Le ulcere profonde, richiedono il ricovero ospedaliero immediato a causa del rischio di sviluppo di una tossicità sistemica e di un’invalidità permanente. La pulizia chirurgica precoce è una parte essenziale del trattamento, ma talvolta è necessaria l’amputazione

Controlli

Affinchè il paziente abbia una buona gestione della sua patologia è necessario effettuare frequentemente il :

  • Controllo della glicemia: tutti i pazienti devono imparare a controllare da soli la propria glicemia, e i pazienti in trattamento insulinico devono essere istruiti a regolare le dosi di insulina in base ai valori riscontrati. La glicemia può essere misurata con gli analizzatori domestici di impiego immediato (reflettometri), utilizzando una goccia di sangue prelevata dopo puntura del polpastrello. La frequenza dei prelievi viene stabilita caso per caso. Idealmente, i pazienti diabetici in trattamento insulinico dovrebbero dosare la glicemia ogni giorno prima dei pasti, da 1 a 2 ore dopo i pasti e prima del riposo notturno. Nei diabetici di tipo 2 i controlli sono un po’ meno frequenti, ma vanno effettuati ugualmente con cadenze periodiche.

  • E’ necessario nei diabetici di tipo 1 eseguire periodicamente il dosaggio dell’emoglobina glicosilata (Hb A1c) per avere un’idea del controllo della glicemia nei precedenti 1-3 mesi. Nella maggior parte dei laboratori, il valore normale della Hb A1c è intorno al 6%; nei diabetici scarsamente compensati i livelli oscillano fra il 9 e il 12%. Nei diabetici di tipo 2 è consigliabile effettuare un controllo ogni 6 mesi.

  • Soprattutto per i diabetici di tipo 1 un altro test importante è quello del dosaggio dei livelli difruttosamina. La fruttosamina si forma grazie a una reazione chimica tra il glucoso e le proteine del sangue ed è un indice del controllo glicemico nelle precedenti 1-3 settimane. Quindi, questo test può mettere in evidenza una modificazione del controllo glicemico prima di quanto faccia l’Hb A1c ed è spesso utile quando è in corso una terapia intensiva e nei trial clinici a breve termine.

  • Infine è importante mantenere un peso corporeo ideale, sia per i diabetici di tipo 1 che di tipo 2, quindi è bene controllare il proprio peso almeno una volta a settimana

I pazienti affetti da diabete di tipo 1 devono essere anche istruiti sull’esecuzione dei test per i corpi chetonici urinari con le strisce reattive disponibili in commercio, questo serve per determinare i corpi chetonici urinari ogni volta che si manifestano sintomi di raffreddore, influenza o altre malattie intercorrenti, nausea, vomito, dolori addominali o poliuria, i quali causano iperglicemia, oppure è necessario fare il test dei corpi chetonici se si riscontra un livello di glicemia inaspettatamente alto durante una delle autodeterminazioni. Il dosaggio dei corpi chetonici in tutti i campioni di urina è raccomandato nei pazienti con diabete di tipo 1 che mostrano fluttuazioni notevoli, repentine e durature del loro grado di iperglicemia.

Trattamento Prevenzione

L’educazione del paziente, insieme alla dieta e all’esercizio fisico, è essenziale per assicurare l’efficacia della terapia prescritta, in occasione di ogni visita medica, il paziente deve essere esaminato alla ricerca di sintomi o segni di complicanze, compresi un controllo delle estremità inferiori, dello stato dei polsi arteriosi e della sensibilità dei piedi e delle gambe e un dosaggio dell’albumina nelle urine. I controlli periodici di laboratorio comprendono l’assetto lipidico, l’azotemia e la creatininemia, l’ECG e una visita oculistica completa annuale. L’ipercolesterolemia o l’ipertensione aumentano il rischio di complicanze specifiche tardive e richiedono un’attenzione particolare e un trattamento adeguato. La motivazione e l’educazione del paziente sono fondamentali affinché si raggiunga con successo un buon controllo glicemico. Quindi l’educazione all’autocontrollo è un obiettivo importante da perseguire sempre, affinché il soggetto sappia  controllarsi sia a livello dietetico che farmacologico. E’importante insegnare al paziente come monitorare la propria glicemia e la glicosuria, spiegandogli come trattare sia le iperglicemie, che le ipoglicemie, e facendogli capire che è fondamentale un contatto regolare con il proprio diabetologo.

Il trattamento dietetico volto alla riduzione del peso corporeo è particolarmente importante nei pazienti sovrappeso soprattutto con diabete di tipo 2. Se non si ottiene un miglioramento dell’iperglicemia con i provvedimenti dietetici, bisogna avviare un tentativo terapeutico con un farmaco ipoglicemizzante orale. La dieta deve essere opportunamente strutturata con un basso contenuto di lipidi ed un buon contenuto di carboidrati amilacei  (pane, pasta, patate) che devono essere assunti ad ogni pasto, e infine deve essere anche moderatamente ipoproteica onde evitare il sovraccarico renale, vista la predisposizione all’insufficienza renale acuta.

Nei diabetici in terapia insulinica (siano essi di tipo 1 o 2), il trattamento dietetico ha lo scopo di limitare il più possibile le variazioni di orario, la quantità e la composizione dei pasti, che potrebbero rendere inadeguato il regime insulinico prescritto e causare un’ipoglicemia o una marcata iperglicemia post-prandiale. Tutti i soggetti in terapia insulinica richiedono una dettagliata terapia dietetica, comprendente una prescrizione dell’introito calorico totale giornaliero, indicazioni per le corrette proporzioni fra carboidrati, grassi e proteine nella dieta e istruzioni sulla distribuzione delle calorie tra i singoli pasti e spuntini della giornata. Un professionista del settore può adattare il programma dietetico e la strategia educativa in base alle necessità individuali del paziente. La flessibilità, d’altronde, aiuta a mantenere vive le motivazioni del paziente. La dieta deve soddisfare il fabbisogno proteico minimo quotidiano del paziente (0,9 g/kg) ed essere concepita in modo da indurre una perdita di peso graduale e costante (circa 1 kg/settimana) quando necessaria, finché non venga raggiunto e mantenuto il peso ideale. L’aumento dell’attività fisica nel soggetto obeso sedentario affetto da diabete di tipo 2 è molto importante e con il tempo può ridurre il grado di resistenza all’insulina.

Fonti:

  • (Sechi LA, Salza S, Pacifico A 2008 Mycobacterium avium subspecies paratuberculosisbacteremia in type-1 diabetes mellitus: an infectious trigger? Clin Infect Dis 46:148-149.)

  • (Jameson J.Larry, Harrison: Endocrinologia clinica pag 135, Casarile -Milano-, McGraw-Hill)

  • (Beers M.H. Berkow R. : Manual Merck di diagnosi e terapia)

  • (A.S. Fauci, E. Braunwald, D.L. Kasper, S.l. Hauser, D.L. Longo, J. L. Jameson, J. Loscalzo: Harrison – Principi di medicina interna, 17° Ed.)

  • (R.A. Hope, J.M. Longmore, T.J. Hodgetts, P.s. Ramrakha : Oxford manuale di medicina clinica.)

Dott.ssa Fabiana Contri 

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